Convegno AVIS a Trento 5 ottobre 2019
Danila Bassetti, Fabrizio Zappaterra
Sabato 5 ottobre 2019 si è tenuto presso la Federazione Trentina della Cooperazione di in via Giovanni Segantini, 10 il convegno “Medicina di Genere in ambito trasfusionale: dalla clinica alla gestione del donatore di sangue”, organizzato da Avis Comunale di Trento e Avis del Trentino.
Il convegno, di livello nazionale, diviso in una parte medico-sanitaria, con ECM, ed una parte più schiettamente associativa, si proponeva di analizzare le differenze biologiche e socio-economiche-culturali che influenzano lo stato di salute e di malattia di ogni persona e quindi dei donatori e delle donatrici di sangue. L’idea di organizzare un convegno su questa tematica è partita dal rilievo che il numero dei donatori di sangue AVIS in Trentino è prossimo alle 20.000 unità, ma la rappresentanza del genere femminile costituisce solo poco più di un quarto del totale, sensibilmente inferiore rispetto alla media nazionale, che si avvicina ad un terzo. Tale dato colloca Avis del Trentino al penultimo posto nel rapporto percentuale maschi e femmine tra i donatori di sangue.
Se osserviamo il numero delle nuove iscrizioni ed i soci fino ai 25 anni vediamo che le donne si equivalgono agli uomini, mentre la percentuale si riduce progressivamente con l’età. Certamente il lavoro, la cura dei figli e della casa, che pesano prevalente-mente sulle donne, è una delle prime ragioni dell’abbandono precoce, anche se subentrano certamente altre motivazioni.
La Medicina di Genere, valorizzata dalla Legge 3/2018 e dall’Accordo attuativa Stato-Regioni del 30 maggio 2019, rende ragione delle differenze di incidenza, sintomatologia, gravità e risposte ai vari farmaci e si innesta in primo piano in quella che viene ormai definita la Medicina personalizzata.
Anche la Medicina Trasfusionale sta affrontando lo studio di una personalizzazione della Medicina sia sotto l’aspetto dell’uso della terapia trasfusionale, sia sotto l’aspetto della selezione e gestione dei donatori, della loro idoneità alle diverse procedure di prelievo (sangue intero o plasma), della frequenza di reazioni avverse ovvero della diversa tolleranza alle donazioni.
Affinare la sensibilità sulle differenze di genere diventa quindi fondamentale per accogliere tutti i donatori e le donatrici nei programmi di raccolta, andando incontro anche alle loro esigenza e caratteristiche specifiche: in particolare considerare per il sesso femminile la necessità di convivere con perdite ematiche da ciclo mestruale, con una pressione arteriosa generalmente bassa e dimensioni fisiche e quindi volumi di sangue complessivamente inferiori a quelli dei maschi.
L’appartenenza all’Avis come donatrice effettiva deriva dal suo profondo convincimento, frutto di un percorso educativo sì verso la solidarietà e l’altruismo, ma anche verso la condivisione di stili di vita salutari che rappresentano una fondamentale azione preventiva non solo per la persona donatrice, ma anche per le loro famiglie che durerà per sempre. Le relazioni del Convegno, tenute da specialisti medici ed associativi nazionali e locali, hanno pienamente sviluppato le tematiche proposte ed anche la Tavola rotonda finale ha portato alla condivisione di risposte a problematiche genere-specifiche in un’ottica di garanzia di qualità e sicurezza al dono del sangue.
Dopo i saluti istituzionali da parte della Presidente della Cooperazione Trentina Marina Mattarei, dell’Assessore alla Salute Stefania Segnana, dell’Assessore del Comune di Trento Corrado Bungaro, del Direttore Generale APSS Paolo Bordon, sono iniziati i lavori presentati dal Presidente Avis del Trentino Franco Valcanover e dal Presidente Avis Comunale di Trento Danila Bassetti.
La prof.ssa Barbara Poggio prorettore dell’Università di Trento nella sua relazione “Perché il genere conta quando si parla di salute” ha ribadito come il genere debba essere inteso “insieme di norme, ruoli, modelli relazionali, socialmente costruiti, associati al fatto di avere corpi diversamente sessuati”. Il genere comporta conseguenze differenziate rispetto alla qualità della vita, condizioni di salute, gestione dei corpi, probabilità di patologie, possibilità di cura, accesso ai servizi. La Medicina di genere va intesa non come una specialità, né una medicina alternativa, ma come approccio trasversale che studi le differenze tra uomini e donne relativamente alla salute ed alla gestione della malattia, secondo un modello bio-psico-sociale al fine di superare le attuali diseguaglianze.
La dott. Annalisa Vinci, cardiologa presso l’Ospedale di Rovereto, ha sottolineato le differenze di genere in ambito cardiologico: le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte nelle donne italiane e di ciò se ne ha scarsa consapevolezza, la cardiopatia ischemica nella donna ha peculiarità particolari per sintomatologia, decorso, esiti e terapia, è appannaggio quasi esclusivamente femminile la sindrome di Tako-Tsubo o sindrome del crepacuore. Anche gli stessi accertamenti cardiologici (test da sforzo, coronarografia) hanno sensibilità e specificità diverse legate al genere. Presso l’Ospedale di Rovereto è stato istituito un ambulatorio specifico per le patologie cardiache femminili.
La dott. Linda Novarese, medico internista presso il PS di Trento, ha trattato la patologia tromboembolica, quali terza malattia cardiovascolare più frequente dopo la coronaropatia e lo stroke ed ha evidenziato come essa coinvolga maggiormente il genere maschile.
La dott. Angela Zappaterra, medico internista presso il PS di Trento, ha trattato i fattori di rischio modificabili e non differenziati per genere, intendendo per fattore di rischio una specifica condizione statisticamente associata ad una malattia, che può concorrere alla sua patogenesi, favorirne lo sviluppo o accelerarne il decorso. Le differenze maggiori sono: fumo come fattore di rischio per eventi cardiovascolari più potente nella donna rispetto all’uomo, alcool con concentrazioni più elevate nella donna. L’ictus cerebrale è più frequente nell’uomo, ma la donna risulta colpita in modo più grave. La prevalenza di Alzheimer è maggiore nella donna e i sintomi sono diversi. Il diabete è molto più pericoloso per le complicanze cardiovascolari nella donna. Differenze importanti si riscontrano anche in ambito oncologico: il cancro del colon nell’uomo interessa la parte discendente, nella donna quella ascendente con notevoli implicazioni nella possibilità di pervenire ad una diagnosi precoce. Per i fattori di rischio modificabili è indispensabile un adeguato stile di vita (dieta bilanciata, attività fisica, no fumo o alcool) e sottoporsi con regolarità agli screening consigliati (PAP test, mammografia, vaccino HPV).
Il dott. Marco Bani, ricercatore presso Università Bicocca di Milano, ha illustrato le motivazioni genere specifiche evidenziando come non emergano differenze di genere rilevanti tra donatori e non donatori di sangue e plasma, riscontrabili viceversa nella scelta di ridurre o interrompere il comportamento di donazione.
La seconda parte del convegno trattava argomenti genere-specifici in ambito prettamente trasfusionale.
La dott. Barbara Giussani, Direttore Sanitario e responsabile Unità di Raccolta Avis Bergamo, ha introdotto l’inquadramento di genere nella selezione del donatore La popolazione di donatori periodici in Italia si caratterizza per un forte sbilanciamento di genere, con una percentuale di donne che supera di poco il 30% e tale peculiarità non si registra in altri paesi Europei con sistema trasfusionale analogo al nostro. I dati dimostrano che, a fronte di una pari percentuale di uomini e donne tra gli aspiranti donatori, la perdita di donatrici è poi molto evidente nella fascia di età tra i 25 ed i 35 anni. In ambito nazionale lo scenario di studi volti ad indagare il motivo per cui le donne donatrici di sangue periodiche siano solo il 30% rispetto al 70% di uomini, nonostante si approccino alla donazione in ugual misura rispetto agli uomini (annualmente numero di nuovi iscritti uomo/donna pressoché pari), è invece quasi tabula rasa. Così come nell’analisi delle cause di sospensione sanitaria dei donatori è spesso assente l’approccio di genere, che è un fattore importante non certo nell’ottica di “merito” (meglio l’uomo rispetto alla donna o viceversa!), ma l’approccio analitico dei dati separatamente per maschi e femmine è utile per predisporre campagne di informazione/prevenzione che tengano conto delle diversità.
E’ possibile che tale aspetto possa in parte essere legato ad un approccio “neutrale” al donatore di sangue, vale a dire approccio che non tiene conto della persona nella sua totalità e peculiarità, quasi ci sia una tacita accettazione di una «preferenza» di genere anche nella raccolta di questa preziosa risorsa sanitaria e quindi in ambito sanitario in netta antitesi con i principi ispiratori della medicina di genere.
Il dott. Vincenzo Saturni, responsabile SIMT Settelaghi Varese, ha parlato di programmi di prevenzione ed educazione alla salute nei donatori: essi potrebbero portare a ricadute immediate (come la riduzione del numero di donatori sospesi ad esempio per dismetabolismi, cambiamenti stili di vita, riduzione del rischio cerebro cardio vascolare, riduzione del rischio trasfusionale infettivologico, aumento della “salute” in generale, maggior qualità della donazione) e a ricadute a lungo termine (come prevenzione primaria e secondaria, sorveglianza dell’arrivo di nuove patologie, valutazione della reale diffusione di condizioni a rischio e di stati preclinici e dell’efficacia degli strumenti di diffusione dell’educazione alla salute e della promozione della salute).
La dott. Vanda Randi responsabile del CRS Emilia-Romagna ha presentato una relazione in merito alle reazioni avverse alla donazione di sangue ed emocomponenti, evidenziate dal sistema di emovigilanza con l’istituzione del sistema informativo dei servizi trasfusionali (SISTRA) (DM 21 dicembre 2007). I dati evidenziano in Emilia-Romagna una lieve prevalenza di reazioni avverse nelle donatrici nelle procedure di plasmaferesi e viceversa dei donatori nella raccolta di sangue intero. Indubbiamente i maggiori volumi di plasma previsti dal DM 2 nov 2015 hanno contribuito ad aumentare le reazioni avverse in donatrici al limite del peso richiesto per la donazione stessa.
La tavola rotonda finale coordinata dai Presidenti di AVIS nazionale dott. Gianpietro Briola e della Società Italiana di Medicina Trasfusionale dott. Pierluigi Berti, ha raccolto criticità, proposte e nuovi indirizzi che porteranno ad una valorizzazione del Dono dei sangue e dei Donatori stessi in un’ottica di Medicina e Donazione Personalizzata.